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Cannes 2011 – Malick, affresco visionario per emozionarsi

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CANNES – Di fronte a quello che non si capisce qualcuno si spaventa, e urla. Ecco perché bisogna compatire chi ha buuuheggiato (più d’uno, in verità) alla fine di The Tree of Life (L’albero della vita), il film di Terrence Malick che appare destinato a spaccare il Festival, in cui è stato presentato in concorso. Per sgombrare il campo, diciamo subito che per noi è un capolavoro. Difficile definire altrimenti un vero affresco di immagini straordinarie (alcune prese in prestito da documentari scientifici), un Giudizio Universale che dura 2 ore e 18’ denso di inquadrature a dir poco originali, movimenti di steadycam vertiginosi e scene memorabili. Ma il lavoro del sempre metafisico regista, produttore e sceneggiatore texano (in senso anche materiale: non si è presentato sulla Croisette, a conferma della proverbiale riservatezza) non è un semplice esercizio di stile: dietro a un magma di immagini stordenti per bellezza (e molte mai viste prima in un film), girate nella natura, al microscopio e realizzate digitalmente, c’è il bisogno inesausto di risposte dell’uomo di fronte al mistero della vita e della morte. Lo si può spiegare con la sottomissione alla legge di Dio (il film si apre con una citazione di Giobbe, dalla Bibbia) o con quella alla forza della Natura, ma non si può rinunciare a cercare di capire il senso della vita. E chi ha bisogno a tutti i costi di una trama può restare frastornato da una pellicola che in apparenza racconta “solo”, per quanto serve, una famiglia borghese nel Texas degli Anni Cinquanta, con tre figli maschi, una madre affettuosa, dolce e timorata di Dio e un padre integro moralmente e a suo modo pieno di amore per la famiglia, ma che si sente in dovere di preparare i figli ai colpi della vita, a costo di dare lui i primi. Malick si fa aiutare da un Brad Pitt perfettamente wasp (white anglo saxon protestant), non a caso anche produttore orgoglioso della pellicola e da una delicata Jessica Chastain, praticamente alla prima parte importante, ma il regista americano fa recitare anche gli uccelli e le farfalle, sa dipingere cinema con le nuvole, le foglie e il vento, abbaglia con immagini (naturali e al microscopio) che lasciano a bocca aperta. E che dire della musica (Brahms, Mahler, Smetana e molto altro) sempre in aiuto a sostenere la scena? Film non per tutti, ovviamente, due ore e 18’ in cui ogni inquadratura, anche di pochi secondi, è studiata e ha un senso estetico altissimo, ma The Tree of Life non è sterile esercizio estetico. Può essere visto come un affresco mistico, ognuno può trovarci la potenza (e l’enigmaticità) del Divino così come il predominio e l’eterno fluire della Natura, ma è un’esperienza che chi ama il cinema non può mancare.

Clicca qui per vedere il video incorporato.


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