C’è la crisi, anche i killer volano in classe economica. E’ l’America che scopre i morsi della recessione e vive il duello tra Bush e il rampante Obama, nelle presidenziali del 2008, lo sfondo di Killing Them Softly, firmato da Andrew Dominik da un romanzo di George V. Higgins, prodotto e interpretato da un Brad Pitt ormai potenza assoluta a Hollywood, tanto da poter scegliere quali film finanziare e interpretare. Il film racconta una storia piccola, il killer professionista Jackie Cogan (appunto Brad Pitt), cinico ma delicato assassino (preferisce sparare da lontano, così non si rischiano coinvolgimenti sentimentali…) chiamato a far fuori tre piccoli delinquenti che hanno tentato il salto di qualità, rapinando una bisca clandestina. Detto dell’ambientazione in una desolata New Orleans, i discorsi della campagna elettorale di Obama fanno da controcanto alle vicende di questa modesta manovalanza del crimine. Si sparano battute, molto più che colpi di pistola: i dialoghi sono il pregio maggiore del film, che ha una memorabile e virtuosistica scena di ammazzamento, un paio di trovate di sceneggiatura geniali (i guanti della rapina sono destinati al cult) ed è girato con gran mestiere (ancora la rapina: che tensione), ma non riesce ad elevarsi oltre gli standard del genere. Brad Pitt è ben assecondato dai coprotagonisti (c’è anche un cameo del mitico Sam Shepard), tra i quali spicca il “Soprano” James Gandolfini, splendido killer ciccione, depresso, bevitore e puttaniere per delusione d’amore. A proposito: nel film compare una sola donna, forse per un minuto: è una prostituta nera e qualche giornalista femmina se l’è presa. Niente di personale, come per i killer: in questa storia le donne non servivano.